I recenti sviluppi dell’Analisi Transazionale

Federica

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Fra gli argomenti approfonditi di recente, ho tenuto presente nel lavoro con i miei pazienti gli studi condotti da Tudor (2003) sulla neopsiche e come tali ampliamenti dello Stato dell’Io A possano influire sulle modificazioni cerebrali durature come conseguenza di una relazione sana e sicura (Sills & Hargaden, 2003; Oller-Vallejo, 2006; Tudor & Widdowson, 2008). Partendo dall’assunto che la Ridecisione avvenga in A1 (McClure Goulding & Goulding, 1979), quindi evolutivamente in A2 e potendo essere quest’ultimo situato nella Neocorteccia (Berne,1966; Allen, 2003) si può sostenere che la modificazione degli schemi relazionali avvenuta ad opera di un sano sostegno psicologico, porti alla creazione di nuove connessioni sinaptiche che daranno luogo al cambiamento (Sills & Hargaden, 2003).
Già nel 1961 Berne, esponendo le proprietà integrative dell’A, riteneva che a volte, qualità del B e/o del G, si integrassero nella neopsiche senza dare vita ad una contaminazione, sottoforma di Ethos e Pathos. Il primo riguardava la presa di responsabilità rispetto al sentire, al pensare e al credere dell’individuo; il secondo permetteva di reagire emotivamente, mostrando disponibilità alla comprensione sia verso se stessi che verso gli altri. Entrambi delineavano insieme al Technos – come venne definito per la prima volta l’A nell’A, da Kertesz e Savorgnan (citati da James & Jongeward, 1971, p. 344) – la struttura di secondo grado dell’A2. In generale, dovrebbero quindi essere rilevabili tre tendenze: recettività e attrattive personali (Pathos), valutazione obiettiva dei dati (Technos), responsabilità morale (Ethos); rappresentanti rispettivamente gli elementi archeopsichici, neopsichici e esteropsichici integrati nello Stato dell’Io neopsichico. Anche James e Jongeward (1971) concentrano il loro interesse sulla capacità della neopsiche di esaminare oggettivamente le opinioni, i sentimenti e i valori del G e del B per stabilire un proprio codice etico, scartando ciò che riconosce come irrilevante o distruttivo e integrando solo ciò che contribuisce alla crescita dell’individuo stesso. Successivamente Erskine (1988) aggiunse alla suddivisione classica dell’A2 anche il Logos, come abilità dell’individuo di utilizzare il ragionamento.
Tudor (2003) partendo dai primi accenni di Berne (1961) sull’esistenza dell’A Integrato e rifacendosi anche a quanto scritto fino ad allora da Oller-Vallejo (2001) sull’argomento, ha concentrato i suoi studi sulle capacità dell’organo Neopsichico. Con i suoi approfondimenti sull’A Integrante, prima definito Integrato (James & Jongeward, 1971) ha iniziato a contrastare chi, come Oller-Vallejo (2001) pur riconoscendo le potenzialità dell’A Integrato, continuava a ritenere che il modello tripartito della personalità fosse ancora quello primario nella teoria e pratica dell’AT.

Sul versante clinico, il terapeuta dopo aver positivamente sanato le parti precedentemente disfunzionali del G e del B del paziente, può condurlo verso l’integrazione di esse nell’A ritenuto funzionale, positivo e in rapporto con la realtà attuale dell’individuo (Oller-Vallejo, 2001). Tudor (2003) riconosce e sostiene le capacità dell’A Integrante utilizzate per rispecchiare ed integrare gli stati arcaici, con lo scopo di stabilire relazioni incentrate sul presente e non sulla proiezione di rapporti passati su situazioni attuali. È proprio tale tendenza a evolversi, tipica della neopsiche, a differenziarla dalle altre due componenti della personalità e a renderla basilare per la modificazione del paziente. In questa nuova prospettiva l’A Integrante è sede della Physis (tendenza al miglioramento, approfondita a p. 62), dell’intuizione e della creatività, tipiche dell’A1, che però vengono concettualmente ricollocate nell’A Integrante in evoluzione (A2).
Strumento necessario per l’espansione dell’A è il lavoro di decontaminazione fatto sulla base di una buona alleanza creata, rafforzata e mantenuta col paziente. La comprensione empatica derivante dal contatto col paziente pone infatti l’accento sulla co-creazione, nella relazione terapeutica, di nuove possibilità di relazioni Neopsichiche, messe in atto e testate nel setting terapeutico (Tudor, 2003).
Anche le ricerche neuroscientifiche riportate dalla Sills, Hargaden (2003) e da Allen (2003) sulla struttura cerebrale, hanno confermato che il cervello funziona in modo integrato. Possiamo affermare che, l’equa possibilità che hanno i tre sottosistemi di assumere il potere esecutivo ed essere il sé reale dell’individuo, oltre a produrre situazioni di conflitto, può portare, e porta alle volte, anche alla cooperazione (Liverano & Piermartini, 2010).
Le componenti ambientali e in particolare le relazioni di attaccamento – fonte primaria di interazione con il mondo – hanno influenzato sin dai primi giorni di vita la formazione delle connessioni sinaptiche, dando modo agli eventi vissuti di essere inseriti nella memoria sottoforma di modelli mentali per mezzo dei quali egli ha potuto crearsi delle aspettative verso il contesto di appartenenza, in modo da riconoscere le deviazioni dalla norma e poter rendere il suo mondo più gestibile (Baca, 2005).
Con tali presupposti, l’incontro con l’altro rappresenta per ogni persona un’esperienza relazionale stimolante che attiva contemporaneamente, integrandoli, due tipi di memoria: quella esplicita, in cui vengono deposti i ricordi relativi al modellamento (con sede nell’ippocampo); quella implicita, che legando un’emozione a un ricordo porta a percepirlo come un’esperienza personalmente coinvolgente (con sede nell’amigdala). Entrambe danno vita al ricordo dell’evento come rappresentazione mentale. Per lui come per tutti, le componenti ambientali e in particolare le relazioni di attaccamento – fonte primaria di interazione con il mondo – hanno influenzato sin dai primi giorni di vita la formazione delle connessioni sinaptiche, dando modo agli eventi vissuti di essere inseriti nella memoria sottoforma di modelli mentali per mezzo dei quali egli ha potuto crearsi delle aspettative verso il contesto di appartenenza, in modo da riconoscere le deviazioni dalla norma e poter rendere il suo mondo più gestibile (Baca, 2005).
Anche Allen su un versante più teorico (2006) evidenzia come sia necessario per un paziente, dopo aver subito un trauma, ampliare le proprie capacità di concettualizzazione di sé e dell’altro per migliorare il proprio livello di empatia senza comunque perdere di vista se stesso.
A livello clinico, le strategie terapeutiche in quanto fonti di una forte esperienza interpersonale, possono portare il cervello – attraverso l’aiuto dato al paziente con lo scopo di facilitarne il cambiamento – a fare in modo che alcune vie neuronali si attivino meno facilmente, risultando in questo anche più efficaci dei farmaci nell’indurre il rimodellamento delle sinapsi stesse (Kandel, 1999; Allen, 2003). Come sostenuto dalle ricerche di Kandel (1999) e riportato anche dalla Sills, Hargaden (2003) e dalla Cassoni (2004) sembra che i centri superiori, in particolare i lobi pre-frontali, abbiano un più alto livello di plasticità, cioè di capacità di reagire agli stimoli sviluppandosi e adattandosi, e ciò li renda in grado di rimodellarsi anche in età adulta trasformando la struttura nervosa dell’individuo.

Interessanti a questo proposito anche le ricerche di LeDoux (2002) che mette in luce come, se una carezza o un messaggio genitoriale si ripetono spesso, nell’ippocampo si formerà una rappresentazione che verrà poi registrata nella corteccia per essere riattivata ogni volta che si verificherà uno stimolo familiare, rinforzando le connessioni sinaptiche e quindi gli schemi copionali. Più tale messaggio si rafforza attraverso la ripetizione, il ripristino e la generalizzazione, maggiore sarà il processo di svalutazione delle nuove informazioni che arriveranno all’ippocampo. Solo se il terapeuta riuscirà a fornire un’esperienza emotivamente intensa da interrompere il ritorno alla corteccia, il ricordo diventerà vulnerabile e sarà possibile per il paziente modificare le proprie credenze copionali, sanando le proprie parti disfunzionali e ampliando in tal modo il proprio A Integrante (Tudor, 2003).