Il cambiamento verso la crescita

Federica

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Le origini

Berne (1964b) sosteneva che l’uomo avesse tre possibilità di apportare qualche cambiamento al proprio copione di vita: la psicoterapia, la casualità (destino) e la forza dell’amore (definita da Zenone “physis”). Per riassumere l’uomo può essere considerato come un insieme di energie dinamiche. Energie tendenti a ristabilire l’equilibrio, a diminuire le tensioni e a evitare di creare problemi a se stesso, agli altri o all’ambiente che lo circonda (Berne, 1968).

La spinta al cambiamento

Gli individui sono spinti verso il cambiamento: dall’insoddisfazione del comportamento, del pensiero o dei sentimenti che li animano; dal desiderio di comportarsi, pensare o percepire in modo diverso dal passato; e dalla ricerca di carezze (Woollams & Brown, 1978). Proprio quest’ultima rappresenta una delle motivazioni di base, seconda solo al bisogno dell’individuo di confermare i modelli mentali su cui fonda la sua sicurezza e in funzione dei quali si crea delle aspettative rispetto al mondo rafforzando le sue connessioni sinaptiche. È attraverso l’obbedienza che i bambini ottengono carezze dai genitori e per via dell’uniformità con la quale le ricevono in famiglia, crescono con la convinzione che quei dettati psicologici siano anche quelli del mondo in senso lato (Klein, 1983).

Il cambiamento nella stanza di terapia

Proprio proiettando l’importanza di ricevere carezze al contesto terapeutico possiamo capirne la doppia utilità: da un lato, le carezze date dal terapeuta o dal gruppo come risposta ad un comportamento nuovo dell’individuo rappresenteranno per lui uno sprone a continuare a comportarsi in modo diverso dal suo copione, dall’altro avrà la possibilità di allontanarsi dai vecchi schemi, in quanto, se le carezze sono disponibili il paziente pur di continuare ad averne, potrebbe fare quasi tutto, persino cambiare (Woollams & Brown, 1978).

Basandoci su questi presupposti teorici e sulle prime concettualizzazioni di Berne (1961; 1964b) in merito, si può affermare che lo scopo del lavoro terapeutico in Analisi Transazionale sia la conquista di una comunicazione diretta tra la componente affettiva e quella cognitiva della personalità come affermato da James e Jongeward (1971). In questo modo il cambiamento può essere rappresentato come un continuum in cui corpo, pensieri, emozioni e comportamento si manifestano e si muovono costantemente, verso la riattivazione del processo trasformativo (Cavallero, 1998; 1999) in favore della funzionalità dell’A Integrante.

Quando ho intrapreso il percorso personale di terapia, ho provato un senso di gratitudine nei confronti del mio terapeuta che per primo mi ha mostrato le mie capacità nel compiere delle scelte per modificare la mia vita. Come professionista, tendo a far leva sulla parte sana di ogni paziente e sulla possibilità di ognuno di riconoscere il suo personale bisogno di ampliare o riattivare le facoltà decisionali di cui è in possesso, ma che non riesce ad utilizzare in modo costruttivo per se stesso.

Bibliografia

  • Berne, E. (1961). Analisi Transazionale e Psicoterapia. Roma: Astrolabio, 1971.
  • Berne, E. (1964b). A che gioco giochiamo. Milano: Tascabili Bompiani, 2004.
  • Berne, E. (1968). Guida per il profano alla Psichiatria e alla Psicoanalisi. Roma: Astrolabio, 1969.
  • Cavallero, G. C. (1998). La decontaminazione. In: Novellino, M. (1998). L’approccio clinico dell’analisi transazionale. Milano: Franco Angeli.
  • Cavallero, G. C. (1999). Il cambiamento atteso durante la fase di decontaminazione. Costellazioni, 3, 19-25.
  • James, M., & Jongeward, D. (1971). Nati per vincere. Milano: Edizioni San Paolo, 1987.
  • Klein, M. (1983). L’autoanalisi transazionale. Roma: Astrolabio, 1984.
  • Woollams, S., & Brown, M. (1978). Analisi Transazionale. Assisi: Cittadella, 2003.